Estratto dal volume di D. Martorelli "Introduzione alle figure retoriche nella lingua italiana", ed. Youcanprint, 2017

2.1 Tropoi (o traslati)

Come accennato nella prima lezione, la definizione di retorica è oggi quanto mai complessa. Forniamo ora qui alcuni esempi dei principali tropoi (o traslati) che si incontrano nella letteratura italiana (sia essa prosa o poesia):

  1. Adùnaton: è una forma particolare di perifrasi (vedasi sotto) che la menzione di situazioni impossibili o l'enunciazione di ipotesi impossibili ( una forma di perifrasi in quanto sostituisce il concetto "mai" o simili). Ad es. mentre che a voi piacer d'amarmi, e il mare senza pesci e il ciclo senza stelle prima si vedrà, e ogni altra impossibile cosa più tosto aver luogo che questa, che voi nella grazia mia non siate donna e regina (Bembo);
  2. Allegoria: è un'immagine o un discorso che nasconde un significato diverso dal suo significato letterale, di carattere simbolico e di ordine per lo più morale o filosofico. Questo procedimento retorico permette di trasformare nozioni astratte o concetti morali in immagini spesso suggestive. Oltre che riguardare i singoli elementi di un'opera, (per esempio, nella Divina Commedia di Dante, la lupa usata per indicare l'avarizia), può riguardare intere situazioni (per esempio la barca abbandonata sulla spiaggia ad indicare la solitudine dell'uomo).
  3. Allusione: è una figura retorica e consiste nell'uso di un sostantivo, spesso derivato da un fatto storico o comunemente noto, che abbia un rapporto di somiglianza con l'oggetto in questione. Esempi: * Allusione mitologica: «un labirinto» (un intrico di strade) * Allusione storica: «vittoria di Pirro» (un successo ottenuto a caro prezzo) * Allusione letteraria: «un don Abbondio» (un vigliacco)
  4. Antifrasi o ironia: un'affermazione che lascia intendere che chi parla o scrive vuoi significare l'opposto: bella giornata davvero! (mentre sta diluviando); Or ti fa lieta, che tu hai ben onde: / tu, ricca, tu con pace, tu con senno! (Dante, riferendosi a Firenze lacerata dalle lotte intestine); Dipinte in queste rive /son dell'umana gente / le magnifiche sorti e progressive (Leopardi, La ginestra).
  5. Antonomasia: dal greco antonomasìa (= "parola che sta al posto di un' altra"), la sostituzione di un nome proprio con un termine che ne indichi la funzione, l'attività o comunque un fatto caratterizzante. Ad esempio: lo Nemico usato per indicare il Demonio, che nell'ottica cristiana rappresenta il nemico per eccellenza, ovvero "per antonomasia"; "un giuda"= falso e bugiardo come Giuda; "una Venere"= una donna bella e seducente come la dea della bellezza Venere. Vale anche il caso inverso: sei un Ercole, ad indicare la forza di una persona. Un altro tipo di antonomasia l'uso del patronimico (epiteto che indica il padre) al posto del nome proprio di un personaggio, stilema frequentissimo nella lirica neoclassica: ad es. Tidde per designare Diomede, figlio di Tideo; "il segretario fiorentino"= Niccolò Machiavelli; "l'Apostolo"= S.Paolo; "Il sommo poeta"= Dante Alighieri.
  6. Catacrèsi o abusio: dal greco katáchrēsis, «abuso», derivato da katachráomai, «io adopero», è una figura retorica ormai normalizzata, impiegata per designare qualcosa per cui la lingua non offre un termine specifico. Si tratta soprattutto di antiche metafore e metonimie (vedasi sotto) non più avvertite come tali. ( sinonimo: acirologia) Alcuni esempi: "la gamba del tavolo", "il collo della bottiglia", "bere un bicchiere", "non stare più nella pelle".
  7. Enfasi: dal greco èmphasis, da empháinō, «esibisco, mostro», è una figura retorica di tipo sintattico che consiste nell'accentuare mediante una determinata costruzione una parola o una frase, in modo da sottolinearne il significato e le implicazioni. Nella frase " Lui sì che è un amico" l'enfasi mette in evidenza le implicazioni della parola amico, nella frase "il sangue non è acqua" si sottolinea l'importanza dei legami di sangue.
  8. Iperbole: l'esagerazione di una qualità o di un concetto spinta oltre i limiti del verosimile: Uno spirto celeste, un vivo sole / fu quel ch'io vidi (Petrarca); vid'io / de le mie vene farsi in terra laco (Dante); Tagli lo scritto e'l sasso, e sin al ciclo / a volo alzar fe' le minute schegge (Ariosto); Quivi fe' ben de le sue prove eccelse, / ch'un alto pino al primo crollo svelse: / e svelse dopo il primo altri parecchi, / come fosser finocchi, ebuli o aneti (Ariosto); Tu inorridisci e mostri in capo / qual istrice pungente irti i capelli / al suon di mie parole? (Parini).
  9. Litote: un'affermazione fatta mediante la negazione del suo contrario: onde non tacque / le tue limpide nubi (Foscolo, A Zacinto, per dire "cantò"); Don Abbondio... non era nato con un cuor di Ieone (Manzoni, per dire che era un vile); e cfr. l'elaboratissima perifrasi ai vv. 3-11 dei Sepolcri dello stesso Foscolo, forma di litote in quanto per designare la morte nega una serie di situazioni vitali.
  10. Metafora: data dalla sostituzione di un termine proprio con un altro il cui significato proprio sta in relazione di somiglianza con il primo. una similitudine abbreviata, privata cioè di un termine di paragone. Esempi: Achille era un Ieone in battaglia (= era molto coraggioso, combatteva come un leone); Ridon or per le piagge erbette e fiori (Petrarca); Non accorgendosi dell'amoroso veleno, che con gli occhi bevea (Boccaccio); "sparge un fiume di lacrime nel petto" (Ariosto); Rimira... tra le ninfe del cel (= stelle) danzar la Luna (Marino); Così tra questa / immensità s'annega il pensier mio / e il naufragar m'è dolce in questo mare (Leopardi, L'infinito).
  11. Metonimia: la sostituzione di un termine con un altro che rispetto al primo sta in un rapporto di contiguità di tipo logico o materiale; più precisamente si tratta dei seguenti rapporti:
    • la causa per l'effetto: vivere del proprio lavoro (invece che del denaro guadagnato col proprio lavoro); di meraviglia credo mi dipinsi (Dante); " son contento che a sì dolce plettro / s'inchini la potenzia del mio scettro (Poliziano, Orfeo, a indicare il suono della lira);
    • l'effetto per la causa: guadagnarsi la vita col sudore (invece che con un lavoro faticoso che fa sudare); alquanto del color cosperso, / che fa l'uom di perdon talvolta degno (Dante, che indica il rossore per la vergogna); animato rumor (Materdona, a indicare la zanzara);
    • la materia per l'oggetto: estrarre il ferro (invece della spada); Fatto segretamente un legno armare... si mise in mare (Boccaccio);
    • il contenente per il contenuto: Guarda un po' se que' signori... vengon mai da te a bere un bicchierino (Manzoni);
    • il concreto per l'astratto: ha del fegato (invece che del coraggio); messagger, che porta olivo (Dante);
    • l'astratto per il concreto: Fiorenza... si stava in pace sobria e pudica (Dante, ad indicare i cittadini); Virtù viva sprezziam lodiamo estinta (Leopardi, per persone virtuose); ecc.
  12. Perifrasi: una circonlocuzione, un giro di parole in sostituzione del termine proprio o di un'espressione più sintetica: Vuolsi così col dove si puote / ciò che si vuole (= in ciclo); lo ben dell'intelletto (= Dio); il bel paese / ove il sì sona ( = l'Italia), tutti esempi danteschi; e inoltre: l'inclito verso di colui che l'acque / cantò fatali (Foscolo, A Zacinto, per dire Omero); cfr. dello stesso Foscolo i Sepolcri, vv. 3-11.
  13. Sineddoche: può essere considerata una varietà della metonimia, e si ha quando la relazione tra i termini (sostituente e sostituito) di tipo "estensionale" e cioè nel caso: - della specie per il genere: avere il pane per vivere (invece degli alimenti) o viceversa del genere per la specie: la fiera lo assalì (invece del Ieone), O animal grazioso e benigno (Dante, ad indicare un uomo); - della parte per il tutto: una vela solcava il mare (invece che una nave); sparve via dalle sue ciglia (invece che occhi; Poliziano); o viceversa del tutto per la parte: ho dipinto casa (invece che le pareti dell'appartamento).
  14. Metalessi o metalepsi: dal greco metálēpsis, «trasposizione», è una figura retorica molto rara che consiste in un particolare tipo di metonimia in cui il termine proprio è sostituito non con il suo traslato immediato, ma attraverso una o più metafore intermedie. Secondo Lausberg è una manifestazione della sinonimia e consiste precisamente nell'utilizzare un sinonimo come tropo. Secondo altri, invece, la metalessi si ha quando, per comprendere il senso o il significato di quanto è detto o scritto, bisogna passare attraverso uno o più anelli intermedi che vengono omessi; esempi: "Quella donna ha passato molte primavere" > primavere = "stagioni" = anni. La metalepsi, rispetto ad un gruppo di parole, può aversi tramite l'utilizzo di una costatazione di fatto per intendere un giudizio di valore: "Lei dimentica quanto le è stato dato" = "lei non è riconoscente". Più in generale, la sostituzione può avvenire anche con altre figure retoriche come la litote, l'allusione, l'ironia.