2.7.1 Serie e parallelo

Benché i circuiti elettrici possano assumere forme molto complicate, perfino i circuiti più complessi possono essere ridotti a combinazione di elementi circuitali in parallelo ed in serie.
   Per questa ragione è importante divenire familiari con i circuiti in serie ed in parallelo quanto prima possibile, addirittura prima di accostarsi formalmente alla discussione dell'analisi delle reti.
   I circuiti in serie ed in parallelo hanno un rapporto diretto con le leggi di Kirchhoff (cfr. Lezione 1 e Lezione 2 in questo capitolo). L'obiettivo di questa e della prossima lezione è di illustrare due comuni circuiti sulla combinazione di resistori in serie ed in parallelo: il partitore di tensione e quello di corrente. Questi circuiti costituiscono la base di tutta l'analisi delle reti: per questo risulta importante approfondire questo argomento.

 

2.7.2 Circuito aperto e corto circuito

Prima di addentrarci nella analisi circuitale, introduciamo due convenienti idealizzazioni dell'elemento resistenza che sono fornite dai casi limite della legge di Ohm in cui la resistenza di un elemento circuitale va a zero o all'infinito. Un elemento circuitale la cui resistenza si approssima a zero è chiamato un corto circuito.
   Intuitivamente, ci si aspetta che un corto circuito consenta il passaggio senza impedimenti della corrente. In effetti, i conduttori metallici (come ad esempio i fili corti di grande diametro) approssimano il comportamento di un corto circuito.
   Formalmente, un corto circuito è definito come un elemento circuitale che presenta ai suoi estremi una differenza di potenziale nulla, indipendentemente dalla corrente che lo attraversa. La figura 2.27 mostra il simbolo circuitale per un corto circuito ideale.


Figura 2.27 Corto circuito: R = 0, v = 0 per ogni i


Figura 2.28 Circuito aperto: R → ∞, i = 0 per ogni v.

Fisicamente, ogni filo o altro conduttore metallico presenterà sempre una certa resistenza, per quanto piccola essa sia. A scopo pratico, tuttavia, sotto certe condizioni, molti elementi approssimano un corto circuito abbastanza accuratamente.
    Un elemento circuitale la cui resistenza va all'infinito è chiamato circuito aperto. Intuitivamente, non ci si aspetta il passaggio di corrente attraverso un circuito aperto, giacché questo oppone una resistenza infinita ad ogni corrente. In un circuito aperto, ci si aspetta che la corrente sia nulla indipendentemente dalla tensione applicata dall'esterno. La figura 2.28 illustra questa idea.
    Nella pratica non è molto difficile approssimare un circuito aperto: ogni interruzione di continuità nel conduttore di corrente funziona da circuito aperto.
   Tuttavia, l'idealizzazione di circuito aperto, come definito in figura 2.28, non vale a tensioni molto alte. Infatti, la rigidità dielettrica del materiale, cioè la capacità di un materiale di impedire il passaggio di cariche, è un valore finito che varia da materiale a materiale.
   Ad un valore sufficientemente alto di tensione (che dipenderà, a sua volta, dal materiale ovvero dalla sua rigidità dielettrica), il materiale non sarà più in grado di garantire l'isolamento tra i due morsetti in figura, e si genererà una scarica tra i morsetti stessi (principio, questo, sfruttato nei motori a combustione interna, dove l'isolante è dato dalla miscela carburante-aria). Il corto circuito ideale e il circuito ideale aperto sono concetti molto utili e trovano largo uso nell'analisi dei circuiti.

 

2.7.3 Resistori in serie

Per avere un esempio di circuito in serie, facciamo riferimento al circuito di figura 2.29, dove è stata collegata una pila ai resistori R1, R2 ed R3. Vale la seguente definizione:

Due o più elementi circuitali sono detti in serie se attraverso ciascuno di loro passa la stessa corrente.

Figura 2.29

Applicando la legge di Kirchhoff delle tensioni, si può verificare che la somma delle tensioni (differenze di potenziale) presenti ai capi dei tre resistori eguaglia la tensione fornita dall'esterno dalla pila:

1,5 = v1 + v2 + v3

e poiché, secondo la legge di Ohm, le singole tensioni possono essere espresse dalle relazioni:

v1 = iR1      v2 = iR2      v3 = iR3

possiamo scrivere, di conseguenza:

1,5 = i(R1 + R2 + R3)

Questo semplice risultato illustra un principio molto importante: per la pila, i tre resistori in serie appaiono come un unico resistore equivalente di resistenza REQ, dove:

REQ = (R1 + R2 + R3)

I tre resistori possono perciò essere sostituiti da un singolo resistore di resistenza REQ, senza cambiare la quantità di corrente richiesta alla batteria. Da questo risultato possiamo estrapolare la relazione più generale che definisce la resistenza equivalente di N resistori in serie:

   (F2.19)

cioè: N resistori in serie sono equivalenti ad un singolo resistore di resistenza pari alla somma delle singole resistenze (figura 2.29).

 

2.7.4 Partitore di tensione

Un concetto legato strettamente ai resistori in serie è quello del partitore di tensione. Questa terminologia nasce dall'osservazione che la tensione del generatore nel circuito di figura 2.29 si suddivide tra i tre resistori secondo la legge di Kirchhoff delle tensioni. Detta v0 la tensione del generatore di figura 2.29, pari a 1,5 V, se ora osserviamo che la corrente i è data da:

i = 1,5 / REQ = v0 / (R1 + R2 + R3)

possiamo scrivere ogni differenza di potenziale ai capi dei resistori così:

v1 = iR1 = v0(R1 / REQ)      v2 = iR2 = v0(R2 / REQ)      v3 = iR3 = v0(R3 / REQ)

il che ci porta a enunciare la seguente regola di partizione delle tensioni:

la tensione (differenza di potenziale) ai capi di ciascun resistore in un circuito in serie è direttamente proporzionale al rapporto tra la resistenza del resistore considerato e la resistenza totale equivalente del circuito in serie.

Un esercizio istruttivo consiste nel verificare che la legge di Kirchhoff delle tensioni è ancora soddisfatta, facendo la somma delle cadute di tensione lungo il circuito ed eguagliandola alla tensione del generatore:

v1 + v2 + v3 = v0(R1 / REQ) + v0(R2 / REQ) + v0(R3 / REQ) = v0

in quanto REQ = (R1 + R2 + R3). Pertanto, poiché la legge è soddisfatta, siamo certi che la regola di partizione delle tensioni è consistente con le leggi di Kirchhoff. In virtù della regola di partizione delle tensioni, possiamo sempre determinare la proporzione in cui sono distribuite nel circuito le cadute di tensione. Questo risultato sarà utile nel ridurre circuiti complicati a circuiti più semplici.
    La forma generale della regola di partizione delle tensioni, per un circuito con N resistori in serie ed un generatore di tensione, è:

   (F2.20)

ove vn è la tensione ai capi del resistore n-esimo e vs è la tensione del generatore. La formula 2.20 è al cosidetta formula del partitore di tensione.

 

2.7.5 Esempio

Determinare la tensione vX del resistore a sinistra nel circuito di figura 2.30.

Soluzione:
Se scegliamo la direzione di riferimento indicata in figura 2.30 quale direzione della corrente, possiamo assegnare la polarità delle tensioni nel circuito come raffigurato. Allora, applicando la legge di Kirchhoff delle tensioni, si ha:

3.0 - v10 - v6 - v8 = 0

ove v10 è la tensione ai capi del resistore da 10 Ω, in base alla direzione della corrente indicata in figura. Si noti che vX = v8. In base alla regola di partizione delle tensioni (formula 2.20), si ha:

vX = v8 = (8 / (8 + 6 + 10)) × (3) = 1 V


Figura 2.30

  La tecnica impiegata in questo esempio è rappresentativa di come la regola di partizione delle tensioni si applica ai circuiti in serie. Il fattore chiave che deve essere determinato prima di applicare questa regola è se il circuito è nei fatti un circuito in serie.
  Vedremo in futuro come sia possibile ridurre ad un circuito in serie circuiti più complessi.