Negli anni 70-80 del XX secolo è sorta (o meglio risorta dopo almeno 100 anni di sonno) un'inusuale frenesia: la taroccomania. Tarocchi nelle riviste, in edicola, dal tabaccaio, sulla spiaggia; responsi mendicati presso esosi venditori di speranza, dal nome esotico e l'occhio, spesso, poco chiaroveggente.

Definire esotericamente i tarocchi non è un'impresa ardua: sono carte recanti immagini più o meno colorate, più o meno pregiate, tramandate dalla tradizione o firmate da autorevoli maestri del disegno. Consistono in 22 lame maggiori o arcani o trionfi o atouts e 56 arcani minori (Coppe, Denari, Spade e Bastoni) dotati di una funzione complementare in quanto specificanti la sorte determinata dai maggiori.

Carte di origine ignota, e già per questo mitica, nate forse in Italia, a Venezia, forse in Francia o Spagna o Germania, sono probabilmente figlie, per quanto riguarda gli arcani maggiori, dei «naibi», mazzo didascalico, destinato a istruire i fanciulli circa le condizioni della vita, le muse, le scienze, le virtù e i pianeti, sorelle o cugine, per quanto riguarda i minori, dei dadi, in relazione alla serie dei numeri dall'i al 10 e degli scacchi, per le figure del Re, della Regina, del Fante e dell'Alfiere.

 C'è chi, come Court de Gebelin, ravvisa nei tarocchi un frammento del grande libro del dio Toth, una misteriosa eredità della sapienza egizia, e chi, come Eliphas Levi, li considera le illustrazioni del libro di Enich, eredi dell'antico oracolo ebraico di Urim e Tummin e li riferisce alle 10 Sephiroth e alle 22 lettere dell'alfabeto ebraico. Chi, come Vaillant, li definisce la Bibbia degli zingari e attribuisce loro un'origine boema, e chi come Oswald Wirth e Stanislas de Guaita vi riconosce una serie iniziatica, carica di simbolismo. Il tarocco non rappresenterebbe che l'iter umano di nascita, apprendimento, scelte, vittorie, tentazioni, caduta, ritorno alle origini, morte alla qualità di profano, rinascita del sacro.

I tarocchi, comunque, appaiono prima di tutto un alfabeto, un linguaggio arcano, una totalità condensata in poche ma pregnanti immagini. Immagini pagane e cristiane, bibliche e mitologiche, Kabbalah, alchimia, astrologia e magia convivono e si concentrano in questi 78 innocenti cartoncini colorati: vi sono le figure allegoriche del Bagatto, della Ruota e dell'Impiccato, di stampo squisitamente medievali.

Vi troviamo l'Imperatore, l'Imperatrice, la Sacerdotessa e il Papa, le virtù (Temperanza, Forza, Giustizia), i corpi celesti (il Sole, la Luna, le Stelle). C'è un Eros allegramente pagano pronto a scoccare le frecce tra le nubi, accanto a un giudizio universale, tutto biblico, e a una torre che allude chiaramente a Babele. C'è il Diavolo con le corna e il consueto forcone e ci sono i simboli dei 4 Evangelisti, il Leone, il Toro, l'Angelo e l'Aquila raffigurati nell'arcana del Mondo. Il tutto squisitamente mescolato al simbolismo dei 7 colori dell'iride, delle forme geometriche, degli elementi alchemici, degli strumenti magici. Una manciata di segni criptici, variamente associati, sufficienti a tracciare, nelle linee più essenziali e profonde, la storia del mondo, che è poi la storia di ogni uomo.

Forse è proprio questo uno dei motivi o forse l'unico per cui i tarocchi, al di là dell'abilità del cartomante, al di là della probabilità e del caso assolvono la loro funzione. Essi parlano attraverso simboli che ci sono intimamente vicini, che sono parte di noi, infinitesimi frammenti di umanità: gli archetipi, i nuclei di energia attorno a cui si sono costruite e si costruiscono le credenze e la personalità del singolo, della famiglia, della tribù, del popolo, dell'intera razza.

La cartomanzia è una forma di precognizione, chiaroveggenza e retrocognizione, un sistema cioè che attraverso associazioni simboliche giunge a rivelare e a definire presente, passato e futuro del consultante. Nessun altro elemento è affidato alle mani dell'indovino fuorché poche carte, un pugno di simboli con cui egli gioca, in cui si smarrisce, con cui stabilisce relazioni e interdipendenze sottili. Il meccanismo capace di far scattare tale capacità appare, in questa mantica, molto complesso. É vero che il sensitivo se ne serve come di un appoggio, un bastone cui appigliarsi per raggiungere lo stato mentale indispensabile all'estrinsecarsi del cosiddetto «sesto senso». Ma è anche vero che le cognizioni che ne trae, combina, maneggia, non sono il frutto delle soffuse, fantastiche figure ravvisabili nei fondi di caffè, o delle labili, incerte indicazioni del sogno, ma di immagini precise, ragionate, perfettamente calibrate nel loro arcano simbolismo. Immagini che stanno alla totalità in una sequela rigorosa e perfetta così come tutte le cose, le persone, gli animali e le piante sono ordinati nel cosmo in un armonioso disegno.

Si viene così a tessere un fenomeno di veggenza su una trama di simboli archetipici, collegati alle carte estratte. Ma neppure l'estrazione delle lame si è detto avviene in maniera casuale. Il consultante, seguendo una misteriosa attrazione, sceglie tra le carte che gli vengono presentate coperte e, con questa scelta, fornisce al sensitivo le tracce, i punti chiave su cui far scattare la percezione extrasensoriale, la precognizione, la vista che prescinde dagli occhi.

Tutte le cose dell'universo, afferma Jung nella sua teoria della sincronicità, sono legate una all'altra. La situazione del consultante è collegata alle carte che estrarrà, le carte estratte alla predizione del cartomante, la predizione di nuovo alla situazione vissuta o futura del consultante. Gli arcani dei tarocchi, un minuscolo ma immenso libro, che si spinge piano dopo piano sempre più a fondo, e che non finisce mai di essere decodificato e compreso, richiedono di essere meditati, visualizzati, analizzati in tutti i loro elementi, nei colori, nelle minuzie, nelle relazioni spaziali.

Dotati di una sacralità profonda, conferita loro dal simbolismo che li intride, esigono da chi li maneggia serietà, rispetto e fiducia. Gli oracoli di tutti i tempi hanno sempre taciuto o mentito a chi non crede, a chi gioca o schernisce. La consultazione dei tarocchi non è un passatempo da spiaggia né la stampella dell'esistenza per i più insicuri, non un mezzo di speculazione e neppure un juke-box sempre pronto a riproporre il motivo sperato. L'aiuto, il consiglio che le trame ordinate del grande architetto dell'universo lasciano scorgere non viene mai ripetuto e non giunge affatto in caso di futile, immotivata richiesta.